Banana Biologica

Nella piantagione di banane tradizionali, le condizioni ambientali e di lavoro erano molto difficili. Il frutto, essendo molto vulnerabile, veniva trattato con ogni genere di prodotto chimico.

In America Latina, infatti, la banana era conosciuta con il nome di fruta quimica (frutta chimica).

Le banane, inserite in un sacco di plastica, venivano impregnate di pesticidi e in questo “nido” cresceva il frutto.

I sacchi utilizzati venivano abbandonati e dispersi nell’ambiente, con ovvie conseguenze sul terreno.

I pesticidi, i fungicidi e i fertilizzanti erano usati largamente nella piantagione di banane. Talmente tanto che, dopo alcuni anni di coltivazione, le terre venivano abbandonate perché totalmente consumate e infruttifere.

Letteralmente terra bruciata.

Le piantagioni possono essere enormi. Per questo i pesticidi venivano spesso irrorati anche dal cielo: tanti piccoli aeroplani spargevano disinfestanti con un impatto enorme sulla salute delle persone che lavoravano nella piantagione di banane e su quella del suolo.

I lavoratori, nella stragrande maggioranza dei casi, non conoscevano i rischi o tacevano per non perdere il lavoro, anche se precario.

Proprio la precarietà era il metro per misurare il lavoro: le leggi sul lavoro nei Paesi dove si trovano le piantagioni di banane prevedevano formalmente salari minimi. Formalmente, appunto.

Per non parlare del lavoro delle donne che lavoravano all’imballaggio: il loro lavoro, considerato meno faticoso, valeva la metà del salario degli uomini. La realtà era diversa: il lavaggio, la cernita, l’applicazione degli adesivi e il confezionamento metteva a dura prova la salute delle donne che, per colpa delle sostanze nocive a contatto con la pelle, spesso si ammalavano per un lavoro mediamente di 10 ore, con poche e brevi pause, e un rapporto lavorativo molto precario.

È per questo che per noi le banane sono diventate uno dei prodotti simbolo.

È per questo che sono nate le nostre banane equosolidali.

COSA CAMBIA NELLE NOSTRE BANANE?

Di varietà Cavendish, la più diffusa al mondo, le nostre banane equosolidali sono banane biologiche o a lotta integrata. Nelle prime non viene fatto ricorso ad alcun tipo di pesticidi. Le seconde, oltre a ridurre più del 70% i residui chimici rispetto a quanto stabilito dalla legge per la frutta convenzionale, non subisce alcun trattamento successivo alla raccolta.

Ciò vuol dire un grande rispetto per l’uomo e per la natura dei luoghi d’origine.

Le nostre banane equosolidali nascono in Sud America, precisamente nella zona di Piura, in Perù, e nella zona di El Oro, in Ecuador.

Dal punto di vista della qualità della banana influisce moltissimo la zona di produzione.

La nostra banana dall’Ecuador ha una buccia spessa, molto resistente e si conserva più a lungo, motivo per cui viene considerata nel mondo ortofrutticolo una banana PREMIUM.

La banana peruviana è più tenera, più dolce ma con una “vita sullo scaffale” inferiore. La zona di Piura in Peru, dove si trovano due delle nostre associazioni di piccoli produttori, è una zona arida ma fertile. Grazie a questo clima, le banane equosolidali del Perù sono meno soggette all’attacco dei nemici numero uno della banana: i funghi. Proprio questa assenza di malattie della pianta permette di coltivare in modo biologico al meglio.

Anche la loro corretta rotazione e la temperatura controllata influiscono sulla qualità.

Ogni settimana c’è il raccolto, la selezione, il confezionamento, la spedizione, l’arrivo in magazzino e la maturazione. La rotazione giusta e veloce, che prevede un tempo permanenza delle banane in magazzino non più a lungo di qualche giorno, permette di gestire e confezionare sempre una banana non “vecchia”, riuscendo così a mantenere intatte tutte le sue caratteristiche lungo le 4 settimane di viaggio, dal campo alla tavola.

Infine, la temperatura viene controllata in ogni fase della filiera, risultando determinante per evitare qualsiasi danneggiamento del frutto.